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12 aprile 2018

Cosa succede al Pronto Soccorso

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E' domenica, 1 aprile.   E' la mattina del giorno di Pasqua, in un'abitazione in Carnia come tante; ad un certo punto i familiari sentono un tonfo, accorrono, trovano il sig. Piero a terra, senza conoscenza.   Chiamano angosciati l'ambulanza, parte alle 11.26, arriva alle 11.33, ma sono minuti che sembrano interminabili, e intanto i familiari seguono le istruzioni dell'operatore della centrale.  L'infermiera vede subito che la situazione è critica, ma è bene preparata, ha con sé tutta l'attrezzatura necessaria, attacca l'ECG, mette la maschera laringea, se serve si può inviare direttamente il tracciato al medico in sede, con il sistema di telemedicina di cui l'ambulanza è dotata.   Invece no, il paziente è in arresto cardiaco.   Si continua con la rianimazione cardiopolmonare: il terzo operatore (che per fortuna da qualche mese c'è su tutte le ambulanze) con l'Ambu sostiene la funzione respiratoria, l'infermiera prende una vena,  va avanti col il massaggio cardiaco, il battito cardiaco riprende; appena si può si carica il paziente in ambulanza e si corre al Pronto Soccorso.

Lì sono già pronti, entra in PS alle 12.19, i due medici presenti verificano che gli altri pazienti siano in sicurezza e si occupano solo del signor Piero: tutto avviene in fretta ma con ordine, vengono seguiti i protocolli studiati proprio per questi casi.    Medici e infermieri stanno lavorando, è il loro lavoro: se uno passasse di lì non vedrebbe chissà cosa, da fuori, ma in realtà dentro di ognuno le emozioni ci sono, eccome; ma ora non c'è tempo, le smaltiremo stasera, a casa.   La TAC cerebrale non lascia scampo.   Non c'è più nulla da fare.  Alle 14.20 il signor Piero, 65 anni, è morto.  Bisogna allora trovare le parole giuste per i familiari, che sono lì vicini.

Bisogna pensare agli altri pazienti, che non sanno nulla e riempiono la sala d'attesa.

Fra questi c'è la signora N., che è arrivata con il marito sig. R. alle 11.55, perché da qualche giorno ha vertigini quando muove la testa.  Alle 13.46 viene visitata, le vengono fatti l'ECG e gli esami del sangue, arrivano i referti, le viene fatta la terapia per infusione endovenosa, si aspetta l'effetto, alle 17.15 viene rivisitata di nuovo, la diagnosi è di labirintite, alle 18.00 viene mandata a casa: sta già un po' meglio, ma tutto sommato è meglio che faccia una visita anche dall'Otorino. Le viene proposto di tornare l'indomani, direttamente senza appuntamento, così potrà stare più tranquilla anche lei: la labirintite non è una cosa grave, ma i pazienti si spaventano.

Non è un telefilm: è quel che è successo a Tolmezzo 10 giorni fa.   Solo i nomi sono di fantasia.

Stamane i medici e gli infermieri (ed anche i dirigenti) di quell'Ospedale aprono il giornale, e si trovano mezza pagina di articolo.   Non ci possono credere, non ci si ritrovano proprio: il loro lavoro scambiato per una storia di malasanità!

Il signor R si lamenta, anzi è indignato, per l' "odissea" di sua moglie, che soffre di labirintite: in 5 giorni ha avuto da parte del Servizio Sanitario 5 visite: dopo la prima ha ricevuto la terapia ed ha iniziato a stare meglio; poi però la malattia si è riacutizzata; allora è stata visitata di nuovo, ha fatto gli esami che servivano, ha fatto la terapia, è stata poi rivista dallo specialista il giorno dopo, che era il giorno di Pasquetta.  Tutto questo senza bisogno di passare dal suo medico, senza fare le impegnative, senza aspettare i pochi giorni che ci vogliono, che gli altri pazienti di solito aspettano per avere tutto questo: ma come è possibile dover aspettare 1 ora e 51 minuti in Pronto Soccorso? Perché di là c'era un paziente a cui stavano provando a salvare la vita, e non ci sono riusciti.

Mi spiace, ma questa volta non porgo le scuse a nome dell'organizzazione. Naturalmente comprendiamo bene che quando uno sta male vorrebbe tutto, vorrebbe subito, vorrebbe star meglio.   Ma la Medicina non è onnipotente, non ci sono né farmaci né organizzazioni che funzionano come bacchette magiche.    Il singolo paziente sta male, e vede solo la propria malattia; ma anche i medici e gli infermieri che gli stanno davanti sono solo persone, e anche gli altri malati stanno male ed hanno bisogno di loro.

Dott. Pier Paolo Benetollo

Direttore Generale AAS 3 "Alto Friuli – Collinare – Medio Friuli"

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ultima modifica: 12 aprile 2018 Commenti / Suggerimenti